Il 31 marzo 1952 un giovane quarantenne inglese viene arrestato dalla polizia.
Il reato che gli viene contestato è quello di grave oscenità e condotta indecente per via della sua riconosciuta omosessualità.
Dopo un breve processo viene condannato: può scegliere di scontare la sua pena con due anni di carcere, oppure con la castrazione chimica tramite assunzione di estrogeni.
Il giovane sceglie per la castrazione chimica.
La terapia a base di estrogeni gli causò un forte calo della libido e lo sviluppo dei seni.
Quella terapia fu di fatto, una vera e propria tragedia psicologica!
Trascorrerà due anni in uno stato di depressione grave che alla fine lo porteranno disperatamente al suicidio.
Quel giovane uomo si chiamava Alan Turing.
Laureato a Cambridge, un dottorato di ricerca Princeton, membro della Royal Society di Londra, il 7 giugno 1954 morde una mela intrisa di cianuro e mette fine all’umiliazione subìta, al suo dolore e alla sua vita.
Era stato l’uomo che aveva decifrato le macchine Enigma tedesche durante la seconda guerra mondiale, offrendo un contribuito fondamentale alla fine del conflitto.
Per la legge britannica, in vigore dal 1885, Alan Turing aveva commesso un reato grave punibile duramente:
il reato di omosessualità.
Nel 2013, a 60 anni dalla morte, la Regina Elisabetta II accoglie la grazia postuma per uno dei più brillanti geni della matematica dell’epoca moderna.
Il governo del Regno Unito, dalla voce del primo ministro Gordon Brown, pronuncerà le scuse ufficiali per il trattamento omofobico riservato ad Alan Turing.
La storia tragica di Alan Turing è solo una delle tragedie riservate agli uomini e alle donne omosessuali che la storia moderna ci può raccontare.
Questa storia ci fa capire quanto sia difficile e doloroso, ancora oggi, vivere la propria sessualità in maniera libera, matura e sana.
A livello collettivo e a livello individuale si annida sempre la domanda un po’ paradossale:
“Ma, omosessuali ci si nasce o ci si diventa ad un certo punto della vita?”
Vediamo di rispondere a questa domanda.
Se si vedono due omosessuali, o meglio due ragazzi che se ne vanno insieme a dormire nello stesso letto, in fondo li si tollera, ma se la mattina dopo si risvegliano col sorriso sulle labbra, si tengono per mano, si abbracciano teneramente, e affermano così la loro felicità, questo non glielo si perdona. Non è la prima mossa verso il piacere ad essere insopportabile, ma il risveglio felice.
Michel Foucault Tweet
Questa domanda sembra essere molto diffusa e sembra toccare da vicino più o meno tutti.
Si fonda evidentemente su una questione più complessa, ma che di fatto spesso si riduce ad una sorta di curiosità che, nella risposta, sembra provare a offrire una qualche giustificazione “razionale” al proprio e all’altrui orientamento sessuale.
Attraverso il senso comune prima o poi ci si interroga in questi termini secondo questa dicotomia:
è un fatto genetico o è qualcosa che si costruisce con le esperienze che uno fa?
E da qui nascono a volte le più bizzarre risposte per dare legittimità alla costituzione dell’orientamento sessuale e dell’omosessualità nello specifico.
A questo proposito Vittorio Lingiardi, professore di psicologia dinamica presso l’Università Sapienza di Roma ci mette in guardia da questo tipo di domande:
La domanda, “Si nasce o si diventa?” — a suo modo di vedere — è del tutto inevitabile.
L’unico fatto però importante da tenere veramente presente è che, formulata in questi termini, la domanda è del tutto sbagliata!
La domanda — dice Lingiardi — è mal posta perchè è figlia di due pregiudizi:
L’errore fondamentale sta nel fatto di porci nella condizione binaria:
o questo, o quello!
Porci una domanda in questi termini, ci costringe nella scomoda posizione di dover scegliere in maniera netta, o questo o quella.
Detta in altri termini la domanda diventerebbe, allo stesso modo la seguente:
L’omossesualità ha una base genetica?
Oppure, è il risultato di un apprendimento?
Approcciando il tema attraverso questa visione binaria, si corre un rischio non indifferente di categorizzare il comportamento dell’uomo e di creare una sorta di definizione che condiziona poi inevitabilmente ogni riflessione successiva.
In questo scenario quello che succede è che si crea una gerarchia specifica, per cui:
attivo diventa meglio di passivo;
maschio è meglio che femmina;
alto è meglio che basso;
etero è meglio di omo, e così via.
Forse allora, può essere utile cominciare a vedere il tema dell’omosessualità in maniera più ampia, cercando di coglierne quante più possibile, tutte le sfumature di senso.
Vediamo meglio di che cosa parliamo quando parliamo di orientamento sessuale e di omosessualità.
Scrivo poesia perché i miei geni e cromosomi si innamorano di ragazzi e non di ragazze
Allen Ginsberg Tweet
Omosessuale è un termine inventato dallo scrittore ungherese Károly M. Kertbeny nel 1869.
Nella cultura occidentale, fino ad allora, l’omosessualità aveva a che fare con un particolare comportamento peccaminoso o criminale.
Termini come “pederasti”, “erastès”, “eròmenoi”, “sodomiti”, “catamiti”, “ganimedi”, “uranisti”, “invertiti”, “lesbiche”, “tribadi”, sono tutti termini utilizzati da sempre in ambito letterario, giuridico, religioso.
Un termine come “effeminato” (in inglese molly) era utilizzato nella Londra del XVIII secolo per riferirsi a degli uomini omosessuali che si incontravano nelle molly houses.
Nella nostra cultura, lo sviluppo della consapevolezza del proprio orientamente sessuale si costruisce da vergini, prima ancora di aver provato un qualsiasi tipo di esperienza sessuale con un partner.
Quindi, di fatto, non c’entrano le varie esperienze concrete che si sono avute durante la vita.
Parliamo di orientamento sessuale ossia, del modo particolare che ognuno di noi ha di orientare in maniera del tutto naturale e non intenzionale la propria sessualità.
Che cosa significa?
Significa sottolineare che il tuo orientamento sessuale, la tua attrazione verso persone del tuo steso sesso oppure opposto al tuo, avviene in maniera del tutto spontanea, senza alcuna scelta intenzionale.
Non si sceglie ad un certo punto di essere eterosessuali; alla stessa maniera non si sceglie di essere omosessuali, o altro.
Accade e basta.
Se provassimo a chiedere a una persona eterosessuale che cosa l’ha resa eterosessuale, molto probabilmente ci risponderebbe che non c’è stata una vera e propria scelta, ma che in maniera del tutto spontanea si è sentita attratta da persone del sesso opposto.
Una cosa simile avviene anche per l’omosessualità.
Di certo, non ha nulla a che fare con l’aver o meno praticato un’attività sessuale.
Non si diventa omosessuali per il fatto di aver praticato attività sessuali di tipo omosessuale.
Non dipende da quello.
L’orientamento sessuale rappresenta allora, uno degli aspetti significativi appartenenti alla diversità che contraddistingue ogni essere umano.
Va dunque letto e approfondito in quest’ottica specifica.
Rimane il fatto che il futuro orientamento sessuale di ciascuno di noi, indipendentemente da quali siano le carateristiche di genere, non può essere previsto con certezza.
Simon LeVay Tweet
Ma allora, se l’omosessualità rappresenta una delle manifestazioni possibili dell’orientamento sessuale dell’uomo, perché rappresenta un tema così controverso?
Perché, nonostante questa affermazione, ci poniamo costantemente la domanda se sia o meno un fattore genetico o appreso?
Una cosa forse è importante dire in questo senso.
Teniamo da conto che soltanto dal 1973 l’American Psychological Association — una delle più grandi organizzazioni al mondo di psicologia — ha definitivamente smesso di considerare l’omosessualità come una forma di psicopatologia o disturbo della personalità.
Il 17 maggio del 1990 è una data importante da ricordare per via del fatto che l’omosessualità è stata definitivamente considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come UNA delle varianti NON patologiche dell’orientamento sessuale.
L’omosessualità fino a quel momento era considerata come una patologia mentale catalogata anche nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) (una raccolta internazionale di tutti i disturbi psichiatrici).
Si era sollevata la questione rispetto al fatto che era fondamentale considerare la dimensione ego-sintonica o ego-distonica dell’omosessualità.
Che cosa vuol dire?
Vuole dire che se il mio orientamento omosessuale era in sintonia con i miei vissuti emotivi (ego-sintonico) allora, non poteva essere considerato un disturbo.
Diversamente, se la mia omosessualità era vissuta in maniera poco serena o conflittuale (ego-distonico), era segnale che fosse da considerare come disturbo mentale, una psicopatologia, dunque da curare.
Bisognerà attendere l’edizione del 1994 del DSM-IV per vedere definitivamente depennata l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.
Questa considerazione storica, la dice lunga su quanto possa essere stata (e sia) controverso il tema stesso dell’omosessualità.
Non soltanto dal punto di vista culturale, ma anche — e soprattutto, forse — dal punto di vista delle considerazoni che ne da la comunità scientifica.
L’omosessualità è solo una delle declinazioni possibili dell’orientamento sessuale.
Ma proviamo a chiarire meglio che cosa si intende per orientamento sessuale e quanti tipi di orientamenti esistono nell’uomo.
Non ha molto senso sostenere che la funzione naturale delle donne è mettere al mondo bambini o che l'omosessualità è innaturale. La maggior parte di leggi, norme, diritti e obblighi che definiscono la qualità maschile e la qualità femminile riflettono non tanto una realtà biologica, quanto l'immaginazione umana.
Yuval Noah Harari Tweet
Cominciamo intanto a chiarire il fatto che esistono 4 declinazioni importanti che servono a distinguere quelli che sono i diversi aspetti del sesso e del genere che è utile conoscere per riuscire a capire bene di che cosa si parla quanto si parla di orientamento sessuale.
Questi 4 aspetti legati al proprio sesso e al proprio genere sessuale sono:
Per aiutarci a capire meglio l’argomento spendiamo qualche parola per chiarire un po’ meglio queste distinzioni.
Secondo la definizione che ne da l’American Psychological Association (APA) l’orientamento sessuale definisce un pattern di aspetti emotivi, romantici e/o sessuali legati all’attrazione verso un uomo, una donna o entrambo i sessi.
Inevitabilmente, il concetto stesso di orientamento sessuale definisce, anche solo parzialmente aspetti dell’identità della persona, nella misura in cui ognuno di noi si identifica con una comunità che condivide le nostre stesse attrazioni.
È forse importante dire che quando si parla di orientamento sessuale parliamo di un qualcosa che si esprime con diverse sfumature e complessità lungo un continuum che si estende tra due poli estremi che vanno dall’attrazione esclusiva verso persone dello stesso sesso, all’attrazione esclusiva per persone del sesso opposto.
Tra questi due estremi si esprime una complessità di modi di sentire e vivere il proprio orientamento sessuale, che possiamo immaginare essere infinita.
Eterosessuale, gay/lesbica, bisessuale sono le categorie dell’orientamento sessuale maggiomente riconoscibili a livello generale.
Questo non esclude ovviamente, la possibilità che tante persone non si sentano riconosciute in alcuna delle tre categorie citate, o che sentano di definire il loro orientamento in altri modi.
Del tutto legittimo.
Quello che non va dimenticato sicuramente è che l’orientamento sessuale è definito in termini di relazione con gli altri.
È attraverso le specifiche modalità della relazione con gli altri che si esprime il nostro orientamento sessuale il quale, a sua volta, esprime il nostro bisogno di amore, attaccamento e intimità.
L’attrazione romantica, sentimentale o sessuale è sempre dentro una relazione, immaginata o reale che sia.
L’orientamento sessuale non ha una “causa” definitiva: i diversi modelli terorici che nel corso della storia recente hanno tentato di spiegare le origini dell’orientamento sessuale non sono esaustive.
Le varie ipotesi teoriche hanno indagato i fattori biologici, i fattori ambientali, i fattori genetici, i fattori relazionali, ecc. e sembra che l’orientamento sessuale si instauri nei primi anni dello sviluppo per rimanere più o meno stabile nel corso della vita.
Ciò che influenza maggiormente l’orientamento sessuale di una persona — secondo quanto sostenuto dal prof. Vittorio Lingiardi — non sono tanto le caratteristiche psicologiche o culturali.
Ciò che determina effettivamente l’orientamento sessuale di una persona sarebbe la modalità con cui l’individuo sceglie di vivere, definire e esprimere il proprio orientamento sessuale.
Pertanto, si tratta di una definizione di una modalità intenzionale e decisa in maniera cosciente da ciascuno di noi.
Il sesso biologico definisce esclusivamente l’insieme di tutti i caratteri sessuali che noi abbiamo alla nascita:
maschile, femminile o intersessuale.
Con “sesso biologico” ci si riferisce dunque, alla specificità genetica, nonché organica e genitale che una persona possiede alla nascita.
Nulla di più.
L’identità di genere definisce invece, il sesso a cui una persona sente di appartenere.
Non necessariamente ciò che io sento, la consapevolezza che ho di me e del mio riconoscermi appartenente , corrisponde al proprio sesso biologico.
Può anche accadere che una persona non si senta di riconoscersi pienamente nel proprio corpo, avverte un disagio. Qualcosa, tra ciò che io sento ed il sesso biologico a cui appartengo non coincide perfettamente.
Lo sviluppo dell’indentità sessuale — sottolinea Richard Isay, psichiatra e psicoanalista di New York — continua nell’adolescenza e si consolida attraverso fantasie omosessuali, la masturbazione con immagini omoerotiche, l’attrazione sessuale per altri ragazzi, e varie esperienze sessuali.
Ho voluto inserire in questa distinzione anche il ruolo sociale poiché è importante tenere in considerazione nel nostro discorso che una parte fondamentale della nostra identità di genere o del nostro orientamento sessuale si esprime e si intreccia all’interno di un sistema culturale che definisce specificamente i ruoli di genere maschile e femminile.
Il ruolo sociale in pratica rappresenta ciò che culturalmente siamo abituati a pensare e ad aspettarci da un maschio o da una femmina. I fattori culturali sono di fatto coinvolti nella facilitazione o nella inibizione di ognuna delle espressioni del nostro comportamento sessuale.
Questa dimensione culturale mi sembra importante perché possiamo anche illuderci che non esista o ci influenzi poco.
Fatto sta che siamo costantemente immmersi nel tessuto invisibile della cultura di appartenenza per cui è piuttosto facile cadere nell’illusione che questa cosa non ci riguardi.
La cultura, come i valori fondamentali che ci guidano, muta nel tempo, si modifica e si trasforma, esprimendosi in una moltitudine di modi e di comportamenti che prevedono sempre e comunque, in maniera sottile, specifici modi di agire che sono considerati essere tipicamente maschili e tipicamente femminili.
Questo, ovviamente ha a che fare anche con quello che genericamente intendiamo quando diciamo di essere omosessuali.
Poiché il comportamento sessuale di un individuo può essere inibito dalla pressione esercitata dalla società oppure da un conflitto interno, un uomo non ha bisogno di praticare l'attività sessuale per essere omosessuale.
Richard A. Isay Tweet
Alla domanda allora, “Gay si nasce o si diventa?” a questo punto forse ti è facile immaginare che diverse teorie nella storia più o meno recente hanno provato ad offrire una risposta esaustiva anche soprattutto declinandola nella sua conseguente “Ma come si diventa gay o lesbiche?”.
Inutile dire che ci sono state e ci sono teorie di vario genere, derivate da studi che hanno provato a dare una spiegazione circa le modalità per cui una persona diventi gay o lesbica.
Teorie genetiche, socio-ambientali, ormonali, relazionali, psicoanalitiche, ecc.; sono stati indagati il ruolo del cervello, le differenze corporee, l’effetto “fratello maggiore”, ecc.
Per dirla in breve: non si è giunti definitivamente ad una conclusione netta.
Ci sono singole specificità, storie individuali diverse e tutte profondamente imprevedibili.
Un caleidoscopio di dimensioni, sfumature, sfaccetature intime che a pensarci bene contraddistinguono la vita intima di ciascuno di noi.
Per quanto possa essere faticoso, difficile o anche frustrante da tollerare questa è forse la più genuina caraterizzazione dell’umano che come tale va accolta e rispettata.
Un saluto, a presto.
Michele Accettella
Sono psicoterapeuta abilitato all’esercizio permanente dall’Ordine degli Psicologi del Lazio.
In oltre 15 anni ho accumulato più di 15.000 ore di lavoro in ambito clinico, come psicologo e come psicoterapeuta.
Per diventare analista junghiano, per oltre 5 anni, sono stato anch’io in terapia, poiché per conoscere l’altro è necessaria una conoscenza approfondita di sé.
L’attenzione al lavoro clinico, ancora oggi, viene periodicamente rinnovata negli incontri riservati di supervisione che svolgo presso il “CIPA – Centro Italiano di Psicologia Analitica“: un’associazione che da oltre 50 anni cura la formazione degli psicoterapeuti junghiani in Italia, di cui sono “Membro del Comitato Direttivo Nazionale”.
Sono Psicologo Analista abilitato alla docenza, alle analisi di formazione e alle supervisioni presso la “Scuola di Specializzazione in Psicoterapia” del CIPA riconosciuta dal MUR.
Dal 2021 al 2025 sono eletto Segretario scientifico e Direttore della Scuola di psicoterapia dell’Istituto di Roma del CIPA.
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Michele Accettella
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Specializzazione in Psicoterapia ad Orientamento Analitico Junghiano (2011)
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